giovedì 2 agosto 2007

kfånghteher

la mia (la mia) e' una generazione X,
la mia (la mia) e' una generazione X,
la mia (la mia) e' una generazione X,
la mia (la mia) e' una generazione X,
la mia (la mia) e' una generazione X...

si, ecco, magari non c'e' bisogno di ripeterlo fino alla nausea come Mondo Marcio, pero' il punto e' quello: la sua e' una generazione X.
la mia, invece, e' decisamente una generazione ïHKS.
perche' diciamocelo, assumere un poveraccio sottopagato che traduca i nomi (o almeno la pronuncia) della mobilia varia, farebbe sicuramente fallire IKEA.

la mia e' la generazione di quelli che passano la loro intera vita tra scaffali, lampade, e soluzioni per arredare una camera da letto la cui metratura e' perlomeno il doppio del loro appartamento.
e' la generazione che, alla vista di un idromassaggio grande quanto il Rhode Island, perde la cognizione della realta' e la segna sul taccuino, perche' sicuramente ci sta' in bagno, e se non ci sta' e' solo per una questione di millimetri, colpa del calorifero, o dello zoccoletto, ma tanto lo zoccoletto e' removibile, no?
e' la generazione che a IKEA ci va' anche per mangiare, per passeggiare, per chiacchierare, per limonare, per sedersi sulla sedia pensile di vimini e kevlar che non avra' mai, e leggere un libro.

e lentamente cominica ad apprezzare questo luogo, comincia ad amarlo, e vederlo come la sua casa ideale, con mille stanze, mille bagni, mille cucine, mille metri di carta, mille matitine, mille giovani che vanno e vengono, e gia' si immagina le feste, le serate romantiche a mangiare polpette ai mirtilli e idealizzati hot dog a soli 0,70€.

poi e' normale che uno ci si affezioni, e decida di non volersene mai separare.
cosi' oggi, durante l'ennesima visita, stavolta per comprare uno scaffale, che poi e' diventato un tris di spugne da doccia e due paia di pantofole, ho deciso che voglio lavorare da IKEA. voglio vivere da IKEA. voglio aprire un IKEA.

ah, monica, oggi ho visto lo struzzo che volevi prenderti... per un momento ho pensato di comprartelo, ma poi mi sono chiesto come avrei fatto a dartelo. e soprattutto come avrei fatto a pagarlo. quindi nulla, sara' per la prossima.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Anch'io anch'io voglio lavorare da IKEA! Voglio vivere da IKEA! Voglio aprire un'Ikea! Mi assumi, nel caso?

(ma poooooorc*** dai potevi prenderlo, quanto costerà mai, due centesimi e qualche fagiolo magico?)

Anonimo ha detto...

uh, le polpette ai mirtilli...

gabrielecannilla ha detto...

@ monica:
c'era il cestone pieno: mi gurdavano tutti come a dirmi "prendimi, sono morbido, sono soffice, sono tuo".
forse e' quello che mi ha fermato, forse il fatto di dover comprare un pelouche rosa davanti a mio padre. non so.
vabbe', forse domani devo (voglio) tornare ad IKEA (sempre con mio padre, ma tanto ha gia' una bassa opinione di me xD): se vado te lo prendo e te lo faxo.

@ pinkaholic:
gia'. rimembrando le tue (tue?) parole le ho quasi comprate.
poi mi sono detto che non sarebbe stato carino sputarle nel tovagliolo in mezzo a mille persone.
massi', se domani vado le prendo. ma le assaggio a casa. :D

Anonimo ha detto...

Lo so, si è sempre in difficoltà a comprare certe cose, per esempio, io mi vergogno sempre quando compro il Didò all'Esselunga. Cerco sempre casse con cassiere donne e possibilmente non giovani, che magari entrano nell'ottica del "forse ha un nipotino".
...
No, son per me, le compro, ci scrivo il mio nome, lo faccio seccare e poi lo butto.
Sempre.

gabrielecannilla ha detto...

sai fare la pasta di sale?
da piccolo la facevo sempre. e' anche commestibile (non che in mancanza di altro non mi mangiassi pure il dido', sia chiaro).
te la consiglio. io dopo la cottura la mangiucchiavo. perche' di si', mangiavo tutto.

(oggi serata "flashback").