venerdì 31 agosto 2007

KAN e la zucchina

attenzione! questo racconto non e' pornografico. vi e' andata male anche stavolta.

rhum e sigarette mi tenevano compagnia nel mio studio.
mi sentivo ancora addosso il fetore del bastardo che avevo arrestato poche ore prima. un altro caso risolto, un altro falso discorso di ringraziamento da parte del capo della polizia, un'altra moscia stretta di mano del sindaco.
quella sera mi sarei fatto una doccia, sarei andato a quel locale di strip sulla ventunesima, e mi sarei ubriacato, sempre che non lo fossi gia'. quello si', sarebbe stato gratificante.

scemo io a non pensare che il destino potesse avere altri piani.
lo squillo del telefono mi si conficco' nel cervello come uno spillone. veniva da qualche parte sotto i fogli sparsi sulla scrivania.
"John McKAN, con chi parlo?", dissi.
era il boss. tre zucchine negli ultimi due giorni erano state trovate brutalmente uccise, e io avrei dovuto catturare il cattivone responsabile.
un gioco da ragazzi. mi serviva un'esca, la mia fidata magnum, e i biglietti per lo stip club. non mi sarei fatto guastare la serata da quel topo di fogna.
evidentemente non sono il tipo da imparare dai miei errori, perche' il destino fu, per la seconda volta, fottutamente crudele con me, quella notte.

Zucchina-esca era in posizione, io la sorvegliavo abbastanza lontano da non essere notato, e abbastanza vicino da poter piantare una pallottola esattamente dove sarebbe dovuta stare, in caso qualcosa fosse andato storto.
si presento' presto Bea il cane-beagle.
c'era da aspettarsela. dal suo arrivo in citta' non aveva fatto altro che casini, ma non ero mai riuscito ad incriminarla. e ora questo. era il momento di fermarla.
scesi dall'auto, tenendola sotto tiro.
"cuccia, Bea. il gioco e' finito.", le feci segno di accomodarsi in auto.
"non so di che cazzo parli, McKAN. sono pulita. per cosa vorresti arrestarmi? respirare senza permesso?". i suoi occhi da cucciola sembravano maledettamente sinceri, ma io la sapevo diversa.
"raccontale qualcun altro, le tue cazzate.", dissi senza tradire il mio dubbio.
caricai Bea in auto, salutai Zucchina, le pagai il tempo e le lasciai un piccolo extra. se li era guadagnati. "va' a casa da tua figlia.", le dissi partendo. mi sorrise e fece di si' col capo.

non feci nemmeno in tempo ad arrivare in commissariato, che la radio annuncio' un maledetto dieci-nove. zucchinicidio.
Bea sorrise maliziosa. "allora posso andare?". dannatamente bella, e dannatamente colpevole. ma non potevo trattenerla, non stavolta, lo sapeva. non aspetto' nemmeno la risposta. "se mi vuoi, sai dove trovarmi, John", disse allontanandosi.

la scena del crimine era un mattatoio: ne avevo vista di merda, in quindici anni di servizio, ma questa volta facevo davvero fatica a guardare.
la gola di Zucchina era aperta da orecchio ad orecchio. quel maniaco figlio di puttana le aveva quasi staccato la testa.
avresti dovuto darmi retta e tornartene a casa, bambola. prendero' quel bastardo, lo faro' per la piccola Zucchinina Junior.

andai a trovare il mio informatore, Gino Cestino. dovetti frollarlo un po' per farlo parlare, ma alla fine mi mise sulla pista giusta. mi disse che recentemente un affermato boss della zona aveva cominciato a sbroccare a seguito di qualche morbo, o sindrome, e che alcuni l'avevano avvistato aggirarsi con aria sospetta intorno alle ultime due scene del crimine.
ci misi poco a capire di chi parlava.
Ciccio Gattobeso controllava il quartiere da sempre, si conquisto' il posto eliminando la vecchia famiglia, o cosi' si diceva, e lo manteneva senza sforzi. era decisamente un tipo equilibrato, e non mi aveva mai dato fastidi, finora. da poco era tornato da un viaggio in qualche posto esotico, quei luoghi in cui vanno di moda cocktails e rare infezioni. ecco spiegata la sua follia.

non dovemmo nemmeno faticare per prenderlo, lo trovammo allo strip club, mentre fissava morbosamente una carota. probabilmente la sua prossima vittima.
lo avvicinai, e gli poggiai la mano sulla spalla. lo invitai a "parlare" con me fuori dal locale.
un quarto d'ora dopo lo feci portare via da due poliziotti di quartiere, tanto non sarebbe stato in grado di opporre resistenza, ne' di mangiare cibi solidi per molto tempo.
per quanto mi riguarda mi sedetti ad un tavolo in prima fila, ordinai un rhum doppio, e mi godetti lo spettacolo. in fondo, il destino non era riuscito a rovinarmi la serata.

se siete arrivati alla fine del racconto, avete sicuramente le palle.
quest'epica opera e' basata su un fatto vero, ed e' stata scritta da un vero fatto.
nessun animale e' stato maltrattato, brutalizzato, od arrestato durante la stesura.
una gallina ha avuto un mancamento, e un paio di pesci hanno rischiato di affogare. ma nulla piu'.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

sono arrivata in fondo, ma ti assicuro che non ho le palle. al massimo in senso metaforico. ed ho anche apprezzato, quindi probabilmente sono una vera fatta anche io :)

gabrielecannilla ha detto...

maddai!
non ci posso credere che lo abbia letto davvero.
avevo pure intenzione di lasciarlo senza finale, tanto chi ci arrivava?

metaforicamente parlando, complimenti.
e grazie per l'apprezzamento. :D

Anonimo ha detto...

ma te le sei fumate tu, le zucchine, per scrivere sta storia? :P

gabrielecannilla ha detto...

apprentemente si.
eccomunque stanotte il gattobeso ha tirato fuori un'intera cassetta di pomodori da sugo.

per me ha semplicemente voglia di cucinare, ma mia madre si incazza lo stesso.