sabato 31 maggio 2008

si sta come d'autunno...

ATTENZIONE:
il seguente post puo' contenere immagini forti, tipo fotografie di braccio di ferro (...).
l'intero racconto, come si intuisce anche dalla citazione nel titolo, e' un'unica metafora ad indicare la condizione di noi studenti a fine anno scolastico (piu' un accennato riferimento al clima milanese delle ultime settimane).
specifico perche' magari non ci capite una mazza, non essendo io Leopardi e dovendo sintetizzare per esigenze bloggherecce.
il punto e' che tutta la storia puo' risultare noiosa, o comunque non comica/scanzonata, quindi se non volete leggere andate tranzolli raga.

ancora qualche settimana in prima linea, e poi si sarebbe tornati nelle retrovie a ingrassare e dormire tra lenzuola fresche di bucato.
mentre andavamo verso quello che non sapevamo ancora essere l'inferno, stipati nel cassone della rumorosa camionetta, cantavamo e scherzavamo.
era ormai l'alba quando la colonna rallento', e noi ci affacciammo in tempo per leggere un cartello che recava la dicitura "Milano".
cosi' era questo il nome della citta' in cui ci avevano spediti stavolta...

qualche mese dopo eravamo ormai allo sbando da parecchie settimane; i feriti, celati da una nebbia insana che non ci permetteva di vedere nemmeno il sole, ci tormentavano con i loro agghiaccianti lamenti da chissa' dove, i morti neppure quello.
mantenevamo la cognizione del tempo perche' di giorno cadeva pesante la pioggia che sembrava penetrarci fin nelle ossa, mentre la sera saliva la calura, e il fango di cui era piena la buca da mortaio nella quale stavo con i pochi che ancora resistevano ci pareva quasi un bagno caldo.
il silenzio regnava in quel luogo, tanto che si poteva benissimo essere al di fuori dello spazio e del tempo senza che ce se ne accorgesse.
forse eravamo morti, spesso si leggeva questo pensiero negli occhi dei compagni, ma poi arrivava un attacco, e come macchine imbracciavamo le poche armi ancora funzionanti, e tenevamo il conto delle munizioni e delle bombe a mano, e non eravamo noi a farlo, ma erano i soldati in quella buca.
le macchine non possono morire, e per questo sapevamo di essere vivi, almeno in quei frangenti.
ogni tanto qualcuno cadeva riverso nella buca, il fucile ancora in mano, e non si alzava piu'; noi frugavamo il corpo in cerca di munizioni e continuavamo a sparare.
altri forse impazzivano, o forse rinsavivano, e correvano fuori, allo scoperto, urlando e sparando, per poi scomparire inghiottiti dalla nebbia.
questi forse sono tornati a casa, alcuni sono certamente intorno a noi perche' la sera li sentiamo gridare, altri magari mordono immobili il fango, ma tutti sono riusciti almeno ad uscire dalla buca.

venne un mattino che all'odore acre dei cadaveri, dello zolfo e della polvere da sparo se ne uni' uno piu' denso, sconosciuto all'uomo, ma ben noto alla macchina, che lo riconobbe come gas nervino.
mentre il gas pesante colava e si raccoglieva nella nostra buca, mentre osservavo chi non era stato abbastanza rapido annaspare alla ricerca dell'aria, sentii forte il desiderio di non morire.
che senso aveva usare il gas sui morti?
il sole era ormai alto a mezzogiorno, anche se non lo vedevamo potevamo capirlo dalla strana colorazione che prendeva l'innaturale nebbia quando la luce vi incideva a quell'ora.

sapevo che il filtro della maschera antigas non sarebbe servito ancora a molto, e che se non avessimo fatto qualcosa quella buca ci avrebbe inghiottiti ad uno ad uno.
raccolsi i pochi compagni e le munizioni che ancora rimanevano intorno a me, e insieme decidemmo di uscire allo scoperto, dove almeno avremmo potuto respirare.
mi alzai in piedi e tolsi la maschera: i feriti non urlavano piu', i nemici non sparavano piu', la nebbia non c'era piu', c'era solo il silenzio che premeva forte verso i morti nel fango.
intorno a noi cento altre buche piene di ombre.
dov'erano gli amici? dove i nemici? dov'era casa?
mi misi a correre verso una direzione qualsiasi, e alcuni mi imitarono.
ci accorgemmo che era la direzione giusta quando alle nostre spalle cominciarono a ruggire le mitragliatrici e a fischiare i colpi di mortaio, ma si continuava a correre finche' non si veniva fermati.
alcuni fecero pochi metri e caddero a faccia in giu', altri arrivarono a casa prima di voltarsi a guardare.
per quanto mi riguarda sono ancora laggiu' che corro, stringendo i denti ad ogni passo e abbassando la testa ad ogni fischio.

continua (?)...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

è scientificamente provato che alla fine dell'anno si danno maggiori segni di squilibrio mentale. per dire, dal 13 maggio sul mio banco è attaccato un conto alla rovescia per giorni, ore totali, ore per ogni professore, minuti.

quindi direi che questo post è perfettamente nella norma.

gabrielecannilla ha detto...

grazie a dio, pensavo di aver passato la sottile linea bianca, il punto di non ritorno...

... e invece l'ho fatto, ma almeno non da solo.

Anonimo ha detto...

Visto che ora ti conn solo qui, ti scrivo qui=)
Dai un'occhiata al mio blog, l'ho aggiornato...in particolare con le stronzate che io e luca abbiamo detto nel corso dell'anno =)
Solo una cosa: allora vieni o no al mare??

gabrielecannilla ha detto...

figliuolo, mi connettero' quando smettero' di vomitare...

... e non sara' presto. O_O